Descrizione
Domenica 2 novembre a Porto d'Adda si sono tenute le celebrazioni per la Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate.
E' stata l'occasione per ricordare il nostro concittadino Giovanni Valtolina, caduto sul Monte Cimone il 31 luglio 1916, a causa dello scoppio di una granata, a soli 24 anni.
Dopo oltre un secolo abbiamo accolto ufficialmente la targhetta commemorativa della prima sepoltura di Giovanni, ritornata alla luce grazie ai lavori di riqualificazione del cimitero di Cima Neutra.
Nel 2023 questo cimelio era stato affidato ai discendenti del soldato Valtolina che lo hanno conservato fino ad oggi e che in questa ricorrenza l'hanno consegnato ufficialmente alla Città perché diventi un elemento della memoria collettiva della nostra comunità. In un dialogo col suo discendente Mattia il Sindaco ha ricordato che tutti possiamo realizzare la pace nella nostra società, aprendoci e favorendo il dialogo e la comunicazione, promuovendo la cultura della prossimità e della condivisione.
Grazie al Corpo Musicale S. Alessandro di Colnago e a Alpini Di Cornate d'Adda che con la loro partecipazione hanno dato solennità alle celebrazioni.
Di seguito il discorso pronunciato dal sindaco Andrea Panzeri:
"Come abbiamo potuto sentire, ci ha guidato oggi in questa commemorazione la figura di Giovanni Valtolina. Sotto questa pioggia leggera che rende più autentico il momento, possiamo quasi figurarcelo qui davanti a noi leggendo i dati dei documenti storici dell’arruolamento nell’esercito. 158 cm e ½ di altezza, occhi castani, capelli neri, viso ovale, di professione contadino: così scandisce il libretto medico, aggiungendo anche che Giovanni non era capace né di leggere né di scrivere. Un ragazzo nato in uno dei nostri cortili, cresciuto correndo nei campi, diventato presto adulto conoscendo le fatiche del lavoro per la famiglia e della leva militare per lo stato. Un ragazzo mai più tornato ai propri affetti e alla propria quotidianità. Oggi abbiamo ricevuto la targhetta che indicava la prima frettolosa sepoltura del corpo di Giovanni avvenuta direttamente in un cimitero di guerra fatto probabilmente di croci improvvisate con dei rami e semplici targhette per il riconoscimento delle salme. Il suo più giovane discendente, Mattia, ce l’ha consegnata, insieme al signor Angelo: cinque generazioni separano Mattia dal soldato Valtolina, fratello del suo trisavolo. Cinque generazioni sono un tempo enorme, ma Mattia oggi non è solo venuto a portarci un cimelio del passato, utile per conservare il ricordo del sacrificio di un figlio di Cornate d’Adda, uno dei tanti giovani valorosi morti per la nostra Italia. Venendo qui davanti a me e a tutta la comunità, Mattia è venuto a portarci il suo desiderio di pace, a domandare conto a noi autorità e a noi società civile i motivi di questi rinnovati venti di guerra che oggi risuonano con toni sempre più minacciosi. Mattia è un giovane ragazzo che si prepara a compiere i suoi passi nel mondo dei grandi: due anni e mezzo fa, quando ha ritirato questa targhetta sui monti veneti, era quasi un bambino ed aveva certamente pensieri da bambino. Oggi è cresciuto e domanda a noi i motivi di questa crescente instabilità, di queste preoccupazioni che sembrano aumentare ogni giorno di più. Caro Mattia, potremmo dirti molte cose. Ti potremmo rispondere che non devi preoccuparti perché la guerra certo che esiste, ma è lontana da noi e in Italia mai ci arriverà. Però ormai tutti i giornali e le notizie iniziano sempre con la cronaca di guerra. Ti possiamo tranquillizzare dicendo che la guerra c’è sempre stata e nulla di nuovo sta avvenendo sotto il cielo. Però arriviamo da oltre ottanta anni di pace e serenità in Europa, da scambi di persone libere e gioiose, minacciate ora da conflitti le cui motivazioni sembrano radicarsi sempre più anziché affievolirsi e scomparire. Ancora ci piacerebbe rassicurarti dicendoti di non fare caso a queste preoccupazioni perché la violenza è distante, la nostra è una nazione di pace e i nostri militari non sono al fronte a combattere. Ma tutti i giorni sentiamo notizie di aggressività, di crimini, di prepotenza avvenute nei nostri paesi e nei nostri comuni, compiuti magari da persone insospettabili e a modo. La verità, caro Mattia, è che la tua preoccupazione è anche la nostra, ma forse noi adulti e noi autorità fingiamo di non vedere questa emergenza che grida a gran voce. Il tuo desiderio di pace è anche il nostro perché la pace è bella e fa bene al cuore e dà a tutti la possibilità di esprimere al meglio le proprie potenzialità, senza privare nessun bambino o nessun anziano di diritti fondamentali. Però al di là dei desideri ci sentiamo impotenti perché non possiamo noi fermare le guerre che si combattono in tutto il pianeta, ovunque decise da pochi ma subite da molti. Tuttavia, caro Mattia, io credo che possiamo creare le condizioni perché le guerre non accadano, possiamo prevenire i conflitti, attenuare le tensioni prima che esplodano. Possiamo molto nella nostra società e nella nostra quotidianità lavorando insieme, in comunità, aprendoci e favorendo il dialogo e la comunicazione, promuovendo la cultura della prossimità e della condivisione. È esattamente quello che fanno oggi le nostre Forze Armate nelle missioni nazionali e internazionali nelle quali sono impegnate ed è quello che siamo chiamati anche noi ad attuare nel nostro ambiente. Mattia, tu oggi già stai praticando queste vie di pace, magari inconsapevolmente: il tuo impegno nella banda è un segno di questa volontà di servizio, di dedicare tempo alla collettività e agli altri, di non chiudersi in sé stessi pensando solo al proprio mondo. E ancora vale tanto l’essere discreto e cortese, il non alzare la voce, il non prevaricare l’interlocutore cercando sempre di capire le sue ragioni, quando diverse dalle nostre, senza mai pensare di essere i migliori ma cercando sempre il modo di migliorarsi. Abbiamo bisogno di stringere mani, di incrociare sguardi, di calore umano, di sani rapporti che sono l’antidoto migliore all’individualismo, che silenziosamente diventa chiusura, poi ancora piano piano avversione ed infine ostilità verso l’altro: anche in questo senso si attua l’Unità Nazionale che oggi celebriamo. Abbiamo bisogno di coltivare relazioni profonde e interessate per iniziare a praticare personalmente quelle vie di pace che aiutano ad evitare e ad allontanare le guerre e la violenza. Ecco l’impegno che il gesto di Mattia oggi ci deve lasciare come responsabilità da portare a casa: praticare la pace senza esitazione, praticare l’apertura, il dialogo, l’affetto e la compassione verso il prossimo. Ecco il lascito del soldato Giovanni Valtolina, che da oggi sarà ancora meglio ricordato da tutta la nostra comunità. Ecco l’ammonimento che questa Giornata Nazionale dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate intende trasmettere a tutti noi. Viva l’Italia e viva la Pace".
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Ultimo aggiornamento: 3 novembre 2025, 14:05